Il terzo principio del Total Quality Management, TQM, nella norma ISO9001:2015 recita: “È essenziale per un’organizzazione che tutte le persone siano competenti, formate e si impegnino per fornire valore. Le persone competenti, responsabilizzate e impegnate attraverso l’intera organizzazione ne aumentano la capacità di creare valore”. Non è un caso che venga subito dopo il primo, che stabilisce l’importanza del cliente, e il secondo che attribuisce la massima responsabilità alla leadership. L’importanza del contributo delle persone in un’organizzazione è uno dei concetti innovativi del TQM, mediato dalla cultura orientale attraverso Deming e Juran, i fondatori della moderna disciplina della Qualità Totale. Per capirne la portata, andiamo a leggere gli interventi di due grandi personaggi della storia industriale mondiale: Frederick Winslow Taylor, padre dell’organizzazione scientifica del lavoro, e Konosuke Matsushita, CEO di Panasonic, gigante del mercato consumer giapponese.
“Hardly a competent workman can be found (…) who does not devote a considerable amount of time to studying just how slowly he can work and still convince his employer that he is going at a good pace. (…) Under our system, a worker is told just what he is to do and how he is to do it. Any improvement he makes upon the orders given to him is fatal to his success“. Frederick W. Taylor, Principles of Scientific Management, 1929.
“Per voi [occidentali] l’essenza del management consiste nel tirar fuori le idee dalla testa dei dirigenti per metterle nelle mani degli operatori. Per noi [giapponesi] è precisamente l’arte di mobilitare le risorse intellettuali di tutto il personale, al servizio dell’azienda. (…) Dato che noi abbiamo valutato meglio di voi le sfide economiche e tecnologiche, sappiamo che l’intelligenza di un gruppo di dirigenti, per quanto brillanti e capaci essi siano, non è più sufficiente per garantire il successo.” Konosuke Matsushita, 1982, riportato da Jim Warren “We have found the enemy, it is us” 43rd Annual Quality Congress Proceedings, 1987.
A chi potrebbe obiettare che quello di Taylor è un pensiero datato, si può rammentare che nelle aziende italiane, anche di un certo livello, fino a pochi decenni fa si poteva sentir pronunciare la famosa frase “Sei pagato per lavorare, non per pensare”, retaggio di quella mentalità che vedeva il lavoratore come uno strumento di produzione. Al di là di questo approccio poco rispettoso degli individui, che tanto ha influenzato il pensiero industriale dell’Occidente, Taylor fu comunque un grande innovatore per i suoi tempi: per dare a Cesare quel che è di Cesare, è giusto ricordare che sull’impostazione del lavoro tayloristica si basa la disciplina rivoluzionaria del Toyota Production System, generalizzato poi in Lean Management.
Far emergere e mettere a disposizione il meglio che ogni collaboratore può dare per il comune obiettivo dell’organizzazione è più di un’adeguata gestione delle risorse umane, che – secondo recenti approcci – si basa sul rispetto di cinque ambiti fondamentali: pari opportunità, salute e sicurezza, retribuzioni e benefit, privacy e tutela dei dipendenti. Tutti aspetti importantissimi, ma per il TQM si può (e si deve, per garantire gli obiettivi aziendali e la sostenibilità dell’organizzazione) andare oltre e parlare di valorizzazione delle persone. Valorizzare le persone significa far emergere le capacità e le doti positive individuali. Secondo Alberto Galgano (Qualità totale, Il metodo scientifico nella gestione aziendale, ed. Guerini Next, 2017), si deve superare la logica del controllo, i cui paradigmi sono obiettivi e risultati, e spostare l’attenzione al processo (concetto ben noto in Qualità) e allo sforzo, cioè l’impegno speso dalle persone per raggiungere o cercare di raggiungere gli obiettivi. Ciascun responsabile (o il leader, se vogliamo) dovrebbe porre l’attenzione sulle condizioni di lavoro, allo scopo di semplificare, ottimizzare e in ultima analisi ridurre lo sforzo necessario ai propri collaboratori; quindi ragionare e organizzare le attività per processi standardizzati, definiti da procedure chiare e semplici, misurabili e in costante miglioramento, seguendo le quali le persone possano lavorare in indipendenza e possano sviluppare il proprio contributo e le proprie capacità. Se non si esercita il controllo ma si agevolano i processi, l’impegno del collaboratore diventa più importante del risultato. Il collaboratore però deve essere fornito degli strumenti non solo pratici, ma di conoscenze, competenze e abilità per svolgere il proprio lavoro. Ecco l’importanza di addestramento e formazione: le persone diventano più abili nel trasformare, secondo il processo definito, le risorse in prodotto, migliorando il risultato del proprio impegno. Formazione e addestramento non solo mettono le persone nelle condizioni di svolgere (e sentirsi in grado di svolgere) adeguatamente il proprio compito, ma consentono una maturazione personale e aprono a opportunità di crescita. Il soffitto di cristallo di cui spesso si parla nell’ambito delle pari opportunità spesso impedisce formazione ed esperienze, e interferisce negativamente con le possibilità di crescita di alcune categorie di lavoratori, le donne per prime Di fatto limita anche le possibilità dell’organizzazione di attingere a un bacino di professionalità e competenze.
In questo processo non è secondaria la motivazione dei collaboratori, sulla quale un leader sa far leva attraverso condivisione degli obiettivi, supporto, fiducia e responsabilizzazione (presto parleremo della delega), ma anche con il giusto riconoscimento dell’impegno, in modo prioritario rispetto ai risultati. La gratificazione è un altro aspetto spesso trascurato e confuso con un semplice aumento di stipendio: un riconoscimento in busta paga può generare un effetto positivo ma di breve durata, se non accompagnato dalla cura e dal miglioramento di altri aspetti. La piramide di Maslow, una nota rappresentazione dei bisogni alla base della motivazione degli individui, classifica l’aumento di stipendio nel soddisfacimento dei bisogni primari per la sicurezza insieme alla salute e alla proprietà, ma ci sono altre categorie superiori, che riguardano il senso di appartenenza, la stima e l’autorealizzazione. Per migliorare la motivazione dei collaboratori si può agire con risultati migliori e più duraturi sul clima del posto di lavoro, sul riconoscimento – anche pubblico – dell’impegno, sullo sviluppo professionale
Le grandi aziende hanno fatto e stanno facendo molto nella gestione delle risorse umane in questa direzione. Tra gli approcci organizzativi di innovazione in campo internazionale è noto quello di Google, che mira a creare un contesto lavorativo creativo e dunque libero, informale e flessibile sulle esigenze dei dipendenti. Quest’attenzione non è ancora completamente assorbita nei nostri ambienti di lavoro. Citiamo come piccolo esempio, anche se un po’ datato, la traduzione di un noto strumento di problem solving, la scheda 8-D, dall’originale di Ford alla pratica delle aziende italiane. La formula autentica, guidando nelle fasi di risoluzione dei problemi in otto passi, concludeva con “8: Congratulate the team”, che nella versione italiana si trasformò in “8: Data di chiusura”.