Risk based thinking – SWOT e TOWS

Fig. 1 SWOT

Per l’analisi del rischio strategico, cioè quello che può compromettere o sostenere il raggiungimento degli obiettivi strategici dell’organizzazione, occorre analizzare il contesto in cui essa opera. Con contesto si intende sia il mondo esterno che l’ambiente interno all’organizzazione. Lo strumento più semplice per svolgere quest’analisi, che per aziende e contesti molto complessi richiede discipline complete come l’Enterprise Risk Management (ERM), è la SWOT analysis. La SWOT ha origine dalla SOFT, una tecnica che è stata delineata da Albert Humphrey – responsabile di un progetto di ricerca della Stanford University tra gli anni ’60 e ’70 – per l’analisi dei piani strategici di lungo periodo di alcune aziende. L’analisi SOFT è stata in seguito ripresa e sviluppata come SWOT da Urick and Orr nel 1964 e da allora viene utilizzata soprattutto per la definizione di linee strategiche di politica economica e commerciale. H. Weihrich nel 1982 ne propose la matrice, dando alla tecnica la sua forma definitiva. L’analisi SWOT aiuta a rappresentare in modo razionale l’influenza esercitata da alcuni fattori chiave sugli obiettivi. Si utilizza uno schema a 4 quadranti (fig. 1) in cui, durante una seduta di brainstorming della direzione e dei primi livelli, si registrano quattro classi di fattori: forze e debolezze (interni), minacce e opportunità (esterni). Il nome della tecnica deriva proprio dalle iniziali di Strenghts (punti di forza), Weakenesses (punti di debolezza), Opportunities (opportunità) e Threats (minacce). Un metodo utilizzabile per raccogliere le idee per una SWOT completa è il PESTEL, acronimo per ricordare gli ambiti nei quali vanno ricercate minacce e opportunità (all’esterno), oppure punti di forza e debolezza (all’interno):

Fig. 2 Azioni dall’analisi SWOT

  • Politici
  • Economici
  • Sociali
  • Tecnologici
  • Ambientali (Environment)
  • Legali

Saranno dunque individuate strategie che, basandosi sui punti di forza, operino per cogliere le opportunità o evitare le minacce, oppure strategie per far fronte alle debolezze interne traendo vantaggio dalle opportunità esterne. Un’attenzione particolare va deputata alle strategie che presidiano le debolezze interne a fonte di minacce esterne (fig. 2). Il risultato sarà dunque un piano d’azione che comprenderà sia strategie per rafforzare la posizione dell’organizzazione nel contesto di riferimento, sia strategie interne per sfruttare o rafforzare punti di forza e debolezza. In questo secondo ambito quindi viene anticipata una prima determinazione dei rischi gestionali, cioè quelli che riguardano l’impianto del sistema di gestione, l’organizzazione interna in processi e la definizione e il controllo del loro funzionamento.

È una tecnica semplice, ma non sempre ha incontrato il favore dei manager, che a volte trovano ridondante il processo meticoloso di attribuire azioni alle combinazioni di fattori, quando risultano meno attinenti alla realtà più significativa del loro quotidiano. La Harvard Business Review (tra gli altri, M. Watkins) ha proposto un’alternativa che sembra riscuotere un favore superiore, per la sua maggiore aderenza alle situazioni concrete. Si tratta di un semplice ribaltamento della SWOT e infatti per questo è chiamata TOWS. Si parte da minacce e opportunità esterne, individuando forze e debolezze che vi siano in qualche modo implicate, e identificando strategie mirate (fig. 3). Meno completo, più concreto.

Fig. 3 TOWS

RIFERIMENTI

D. Watkins “From SWOT to TOWS; answering a reader’s strategy question” Harvard Business Review, March 27 2017

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